Rivista!unaspecie, 21/03/2014
“L’assassino ipocondriaco” spiazzante e geniale libro del giovane scrittore spagnolo Juan Jacinto Muñoz-Rengel, anche autore delle raccolte 88 Mill Lane (Alhulia, 2005) e De mecànica y alquimia (Salto de Pàgina, 2009), racconta degli svariati tentativi dell’astuto quanto imbranato Mr Y, assassino professionista ormai con un piede nella fossa (o almeno così dice lui) di uccidere il signor Blaisten, psicologo abitudinario e suo ultimo lavoro prima dell’eterno riposo. Avendo ricevuto in anticipo il pagamento ed essendo alle sue ultime ora di vita, al lettore viene spontaneo domandarsi cosa impedisca a Mr Y di godersi il pagamento anticipato e le sue ultime ore su di una spiaggia all’altro capo del mondo! La risposta potrebbe essere data dall’allergia dell’assassino ai raggi solari, oppure dalla sua impossibilità, causata dalla maledizione di Ondine, di riposarsi; oppure dal suo disturbo della percezione sensoriale che gli rende impossibile gestire coerentemente gli stimoli del mondo esterno! Niente di tutto questo però si avvicinerebbe alla verità dato che ciò che tiene strettamente legato l’assassino alla sua vittima è la sua morale kantiana ferocemente in contrasto con l’idea di espirare prima di aver portato a termine il suo compito. Nonostante la miriade di malattie e sintomi minuziosamente descritti che sono sicuro porteranno qualche lettore all’assunzione di antidolorifici e alla prenotazione di visite specialistiche, il vero tratto somatico del libro è rappresentato dalle “lezioni di filosofia” magistralmente accostate al flusso degli eventi; queste, facendo rivivere attraverso le storie personali dei grandi del passato le sventure di Mr Y, lasciano al lettore il compito di marcare una linea tra ciò che è reale e ciò che è immaginato, sottolineando talvolta le esagerazioni dei pazienti, talvolta i limiti della medicina. Durante la serie di sfortunati eventi che portano l’assassino sempre ad un passo dal compimento del suo obbiettivo ci si accorge progressivamente che, nascosta da una maschera hard boiled, l’anima di questo romanzo è molto più profonda e, quando nelle battute finali Rengel “entra” per un instante all’interno del proprio creato, ci fornisce un passepartout di lettura che dona al libro un sapore del tutto inaspettato, aprendo la porta a mille interpretazioni, forse tutte valide o forse come le malattie di Mr Y, solo immaginate. Divertente e mai stucchevole, questo noir sfumato di ironia non manca di suspanse (anche se a crearla sono episodi in cui il professionista della morte scambia giocattoli erotici per pistole) e riesce a soddisfare la voglia di una lettura leggera tenendosi ampiamente a distanza dalla banalità.
LIBRERIAMO, 30/10/2012
L’autore spagnolo parla del suo libro d’esordio, “L’assassino ipocondriaco”.
MILANO – Il signor Y. è un solitario: rimasto orfano da piccolo, da sempre cerca rifugio nei libri e in un mondo popolato da grandi pensatori e letterati del passato. Così ce lo presenta Juan Jacinto Muñoz-Rengel, autore de “L’assassino ipocondriaco”, suo romanzo d’esordio uscito quest’anno in Spagna e poi in Italia per Castelvecchi Editore. La storia è quella di un killer professionista che crede di soffrire di ogni malattia di cui abbia letto nei libri, e di cui prima di lui hanno sofferto personaggi come Kant, Descartes, Voltaire, Poe, Swift, Proust. Perennemente in fin di vita – ogni giorno è secondo lui il suo ultimo giorno –, il signor Y. deve portare a termine un ultimo incarico: uccidere l’inafferrabile signor Blaisten. Questa l’ossatura della trama, da cui si sviluppa un libro che spazia dal racconto giallo e dalla parodia alla riflessione filosofica e metaletteraria.
Perché ha deciso di mescolare più generi in un unico libro? Voleva fare una parodia dei romanzi gialli, far ridere il lettore, oppure entrambe le cose?
Penso entrambe, ma non ne sono sicuro. Quel che è certo è che la contaminazione tra generi modella l’intero libro. Da subito ho iniziato a scrivere molto liberamente, ed è forse per questo che il romanzo oltrepassa i percorsi già battuti e costruisce da sé le proprie regole. Ed è per questo che è così difficile etichettarlo. In verità, si potrebbe dire che si tratta di un romanzo “di generi”.
In tutto il mondo il giallo è uno dei generi di maggior successo. Il suo libro però è solo in apparenza un giallo, giusto? Pensa che si sia esagerato con le pubblicazioni di questo tipo?
Effettivamente solo a una prima occhiata il mio romanzo si può classificare come un giallo, ma in realtà non lo è. E non è neppure un thriller, né un romanzo poliziesco, né un “mistery novel”. C’è certamente un tributo alla “crime fiction”, ma i meccanismi sono quelli della parodia. Subito infatti emergono altri generi: la parodia, il fantasy, l’urban fiction, il romanzo gotico, il metaromanzo. Dopo oltre un secolo di romanzi gialli, il modo migliore per continuare a fare cose nuove è l’ibridazione.
Il protagonista è una figura complessa: ce lo può descrivere?
Come tutti i killer professionisti, è un solitario. Rimasto orfano da piccolo, si trova a crescere solo in un Paese straniero, e da quel momento inizia a costruirsi un suo mondo privato. Dotato di un temperamento eccessivamente sensibile, si rifugia nei libri, dove raccoglie informazioni su ogni genere di malattie: una volta convintosi di averle tutte, inizia ad andare in cerca di altri animi sensibili come lui, e con loro (con Kant, Descartes, Voltaire, Edgar Allan Poe, Jonathan Swift, Proust) popola il suo universo e dà un senso alla propria esistenza. Questo pover’uomo, il signor Y., si sente perseguitato dalla cattiva sorte, ma chi lo conosce sa che la causa della sua sfortuna risiede nella sua stessa immaginazione.
Il libro ha avuto ottime recensioni: si aspettava questo successo? Ha altri romanzi in cantiere?
Non mi aspettavo per nulla questo successo, difatti il libro è rimasto per qualche anno chiuso in un cassetto. Fortunatamente, nel frattempo stavo già scrivendo il mio nuovo romanzo, che uscirà tra qualche mese in Spagna e spero molto presto in Italia, sicché non mi sono ritrovato successivamente a dover lavorare sotto pressione.
Il signor Y. cerca rifugio nella filosofia e nei libri: che ruolo hanno questi nella vita del protagonista? E nella sua?
Per lui i libri sono estremamente importanti, perché sono i suoi amici immaginari – i suoi unici amici – e il suo solo conforto. Da parte mia, attraverso questa storia ho voluto rendere un omaggio a grandi personaggi che ammiro e, soprattutto, mostrare che anche i geni devono fare i conti con la malattia – e anche molti di loro si ritengono perseguitati dalla sfortuna.
Purtroppo in Italia non si legge molto. Anche in Spagna c’è lo stesso problema?
Penso che da questo punto di vista Italia e Spagna siano i due Paesi europei più simili tra loro, almeno stando alle statistiche. Solo il 50% degli spagnoli legge almeno un libro all’anno, e lo stesso dato vale per l’Italia. Nelle graduatorie sulla diffusione della lettura siamo il fanalino di coda dell’Europa, ma per fortuna siamo gli unici due Paesi nei quali il pubblico dei lettori sta crescendo.
FINZIONE, 18/09/2012
Di Eva Brugnettini.
L’assassino ipocondriaco M.Y. ha l’obiettivo, professionale, di uccidere Eduardo Blaisten, per cui è stato pagato in anticipo. E M.Y., che è di morale kantiana, non può tirarsi indietro nemmeno se oggi, come domani e dopodomani, è il suo ultimo giorno di vita.
Il romanzo è un simpatico espediente per creare un trittico a corrente alternata molto regolare di aneddoti sulla vita di Grandi Uomini del passato, micro-trattati su malattie improbabili che affliggono il signor Y, e i suoi tentativi di omicidio. Perciò mentre seguiamo M.Y. che cerca di uccidere Blaisten in modi sempre più demenziali, perché accanto all’erudizione è di una goffaggine grottesca alla Mr. Bean, scopriamo i mali, o presunti tali, di Kant e Coleridge, Swift e Cartesio. Certo, c’è anche Joseph Merrick, l’Uomo Elefante, che a un certo punto fa sentire le sue ragioni sulle lagne degli intellettuali ipocondriaci, perché il narratore da un punto di vista prettamente clinico è evidentemente inaffidabile, anche se da qualche parte nell’inconscio brilla la luce della malafede. Sempre seguendolo per le vie di Madrid, scopriamo l’esistenza di malattie, e l’origine mitologica anche alle volte, particolarmente rare, vere o presunte: una su tutte la Sindrome dell’Accento Straniero, la più divertente soprattutto per gli effetti sulle conversazioni.
Spulciando tra le note biografiche di Juan Jacinto Munoz Rengel si scopre che l’autore insegna scrittura creativa a Madrid e cheL’assassino ipocondriaco è il suo primo romanzo. L’impressione è proprio quella di un libro creato in laboratorio mescolando abilmente pochi elementi (un assassino, malattie altamente invalidanti che lo affliggono impedendogli di compiere il proprio dovere, la vittima, la sua amante, la sorella della vittima e il racconto delle patologie di alcuni grandi del passato) per ottenere un prodotto pulito e piacevolmente commercializzabile. Per i lettori carnivori sembrerà un ottimo spuntino vegetariano. Il libro scorre via una frase breve concisa e ordinata dopo l’altra, un capitoletto (la media è di 3 pagine) dietro l’altro. Così pulito da poter stare comodamente tra gli scaffali asettici dello studio del medico di famiglia pronto da essere tirato fuori e prescritto al primo ipocondriaco di passaggio.
Tra le molteplici possibilità di lettura vengono suggerite: quando si deve affrontare una serie di sedute mediche, utile nelle attese brevi, difficilmente perderete il segno o rimarrete a metà del capitolo, il signor Y. e le eminenti personalità menzionate con tutti i loro acciacchi vi strapperanno un sorriso distogliendovi dal vostro dolore reale; appena prima di leggere o appena dopo aver letto un tomo a scelta tra L’uomo senza qualità, l’Ulisse, Guerra e Pace o Infinite Jest (per coloro che non conoscono le mezze misure) o l’inizio di un ciclo di letture a difficoltà progressiva propedeutiche la lettura di uno dei tomi sopra elencati o affini (per coloro che conosco le mezze e anche i quarti di misura).
Storie dentro Storie, 25/07/2012
Il Signor Y., il protagonista di questo atipico romanzo, di mestiere fa l’assassino.
E fin qui, nulla di nuovo o di strano. Io, ad esempio, di assassini, nella mia vita da appassionato di letteratura, cinema e telefilm, ne avrò conosciuti almeno un migliaio.
Eppure lui è un killer più originale e diverso dal solito: è un ipocondriaco o, detto più comunemente, un malato immaginario.
Sa per certo di aver rubato troppi giorni (ben quindicimila!) alla morte e sente che sta giungendo la sua ora: è convinto di avere un gemello parassita innestato sul collo e di essere affetto da una moltitudine di rare malattie. Qualche esempio? la Sindrome di Proteo, che gli ha reso gigante il piede destro, la Sindrome dell’Accento Straniero, la Sindrome di Moebius, la Sindrome dello Spasmo Professionale che, associata al suo strabismo, proprio gli rende impossibile utilizzare armi da fuoco o da lancio, per non parlare poi dell’afasia, delle gravidanze immaginarie o addirittura della «maledizione di Ondina», che lo fa cadere in micro-sonni nei momenti meno opportuni!
Insomma, tutta una serie di disturbi strani e improbabili che gli rendono difficile la vita, e di conseguenza anche svolgere il suo ultimo compito, ovvero uccidere il Signor Blaisten, un individuo maledettamente sfuggente.
Un altro, al posto suo, avrebbe abbandonato questo duro lavoro e deciso di vivere in pace i suoi ultimi giorni di vita, ma il Signor Y. è un uomo di morale kantiana, e sente di dover portare a termine il lavoro per cui è stato pagato. Ma da chi? Di chi è la grafia sulla busta con la ricompensa? Ovviamente per saperlo bisogna leggere questo esilarante romanzo, a metà tra il giallo e il divertissement metaletterario.
Ad ogni modo, oltre all’ipocondria e al mistero che si nasconde dietro l’omicidio su commissione del Signor Blaisten, ci sono altri due aspetti estremamente interessanti nella vita del nostro «cattivo», su cui secondo me è bene soffermarsi un attimo.
Prima di tutto, il fatto che, nella sua esistenza fatta di solitudine (ha perso i genitori quand’era piccolo, non ha amici), abbia sentito l’esigenza di cercare un rifugio nella letteratura e nella filosofia, delle quali è un grande appassionato. È per questo motivo che, nel romanzo, parallelamente ai capitoli dedicati alla sua vita e alle sue imprese (leggi: tentativi di omicidio miseramente falliti), scorrono anche le vite di alcuni uomini illustri, come Descartes, Tolstoj, Kant, Swift, Poe, Voltaire, Proust. Anch’essi affetti da malattie, reali o immaginarie. Malattie di cui il Signor Y., un ipocondriaco di tutto rispetto, non può che sentire qualche sintomo.
Il secondo aspetto, invece, è la dose bella massiccia di sfiga che ha dalla sua. Anzi, diciamo pure che questa è la «malattia» più grande da cui è affetto. Oh, proprio non gliene va bene una! Provate ad immaginare le situazioni più assurde e divertenti che possano capitargli, e le ritroverete nella storia!
Probabilmente, chi è alla ricerca del solito, semplice giallo, rimarrà forse un po’ deluso da L’assassino ipocondriaco. Se invece amate stupirvi, se volete un romanzo diverso, un personaggio strambo, riflessioni e curiosità letterarie, questo è il libro giusto. E poi, se siete ipocondriaci, avete trovato proprio pane per i vostri denti. O forse dovrei dire malattie per i vostri corpi martoriati!
Il Signor Y. è un personaggio che non si dimentica facilmente. Juan Jacinto Muñoz-Rengel, con questo romanzo colto e brillante, spassoso ma anche permeato di malinconia, è stato capace di dare spessore a un assassino, di renderlo tenero, adorabile. È praticamente impossibile non affezionarsi a lui, e vi assicuro che morirete dalla voglia di saltare nelle pagine, e aiutarlo a uccidere il fantomatico Eduardo Blaisten, un uomo forse un po’ troppo favorito dalla sorte.
Ritenta, Signor Y.! La prossima volta sarai più fortunato! Mh… o forse no?
Sherlock Magazine, 24/07/2012
Di Pino Cottogni.
Il signor Y svolge molto seriamente la professione di killer. Ha l’incarico di uccidere un uomo, ma deve farlo in fretta, perchè gli resta un solo giorno di vita.
La Castelvecchi Editore ci presenta lo scrittore spagnolo Juan Jacinto Munoz Rengel che fa il suo esordio nel nostro paese con un giallo divertente e originale dal titolo L’assassino ipocondriaco (El asesino hipocondriaco, 2012). Con questo suo primo romanzo l’autore ci narra le veramente divertenti traversie che subisce un certo sig. M.Y., una persona seria che svolge un lavoro molto particolare, infatti è un killer di professione e quando viene “assunto” si sente in dovere di portare a termine il lavoro a tutti i costi. Ora un misterioso personaggio gli ha affidato il compito di uccidere un certo sig. Blaisten. Lui ha iniziato a controllare minuziosamente tutti i movimenti della sua prossima vittima, vuole portare a termine il lavoro perchè è certo che domani sarà il suo ultimo giorno di vita, ma questa certezza di morire l’indomani il sig. Y se la ripete da molti anni. I vari tentativi per uccidere il sig. Blaisten vanno regolarmente a vuoto per due motivi principali: la sua enorme sfortuna e le decine di malattie (vere o presunte) di cui Y è affetto. Molte sue malattie sono identiche a quelle di cui erano affetti vari personaggi storici come Kant, Swift, Proust, Edgar Allan Poe e molti altri e le sue malattie sono le più diverse come “la maledizione di Ondina” oppure la “Sindrome da Accento Straniero” e altre totalmente ignote al 99% della popolazione mondiale. Tra gli altri dolori, malanni e difetti vari il sig. Y è strabico, allergico a una moltitudine di materiali, soffre di dermatiti e nel collo ha incistato il suo fratello gemello mai nato; poi ci sono molte altre sindromi che non citiamo. Il lettore “sarà costretto” con suo grande divertimento a non smettere di leggere per sapere di quante altre malattie è affetto il killer e scoprire se riuscirà alla fine a uccidere quel fortunatissimo sig. Blaisten.
L’autore:
Juan Jacinto Munoz Rengel è uno scrittore spagnolo classe ’74. Insegna scrittura creativa presso il Centro Fuentetaja di Madrid e conduce un programma di letteratura per la Radio Nacional de España. Fondatore della rivista letteraria “Estigma”, collabora regolarmente con “Anthropos”, “Clarìn”, “Barcarola” ed “El Paìs”. È autore delle raccolte 88 Mill Lane (Alhulia, 2005) e De mecánica y alquimia (Salto de Pàgina, 2009). L’assassino ipocondriaco è il suo primo romanzo.
La “quarta”:
Il signor Y., assassino di professione, deve portare a termine il suo ultimo incarico, ma per riuscirci deve superare un grande ostacolo: gli resta un solo giorno di vita. In realtà, sono anni che il signor Y. è convinto di essere in punto di morte, assediato da un numero talmente impressionante di malattie da far pensare a un miracolo clinico. Adesso, su incarico di un misterioso personaggio che preferisce mantenere l’anonimato, deve uccidere il fantomatico e inafferrabile signor Blaisten. Tutti i suoi tentativi vengono però ostacolati dalla sua incomprensibile sfortuna, oltre che, naturalmente, da ognuna delle sue innumerevoli patologie. Appassionato di filosofia e di letteratura, le azioni del signor Y. sono influenzate dal raffronto tra la sua persona e le vite dei «grandi malati», immaginari o reali, della storia del pensiero. L’ossessione di Kant, le vertigini di Swift, l’alcolismo e le malattie ereditarie di Edgar Allan Poe e la cagionevolissima salute di Proust; manie e sintomi che il nostro assassino non trascura di provare a sua volta in tutta la loro presunta realtà. Romanzo esilarante, colto e denso di riflessioni, poliziesco dal ritmo serrato, riflessione filosofica e gioco meta-letterario, L’assassino ipocondriaco è una delle più brillanti opere di narrativa pubblicate lo scorso anno in Spagna.
ClubDante, luglio 2012
Willy il Coyote versione killer
Vi parlerò di un romanzo geniale, divertente, esilarante, grottesco e più che probabilmente patologico, dato che la sua lettura comporta rabbiosi effetti secondari, come l’ingestione di potenti antinfiammatori, antibiotici scaduti e supposte di antidepressivi. Effettivamente i lettori de L’assassino ipocondriaco si espongono a lesioni mandibolari, crampi addominali ed emorroidi leonine.
Erano anni che non leggevo un romanzo così dirompente come L’assassino ipocondriaco e mi affretto a dichiarare che appartiene alla stessa stirpe de Il cattivo Carabel di Wenceslao Fernández-Flórez, Le folgori di agosto del messicano Jorge Ibargüengoitia e Pantaleón e le visitatrici di Mario Vargas Llosa. Una meraviglia.
Per cominciare, Muñoz-Rengel ha colpito nel segno creando un ipocondriaco compulsivo e inserendolo nella tradizione dei grandi ipocondriaci della letteratura universale, come Proust, Swift, Kant, Voltaire, Tolstoij, Moliére e Descartes.
Come loro il signor M.Y. soffre di sofisticati dolori e mali incurabili, anche se elevati all’ennesima metastasi, dato che lo strabico signor M.Y. è allergico al latex e all’epitelio dei cani, soffre di dermatite atopica e ha incistato sul collo un gemello non nato che lo vampirizza come un parassita. Soffre di sindrome di Ménière, di sindrome dell’Accento Straniero, di sindrome di Proteo, di sindrome dello Spasmo Professionale e di sindrome di Moebius, oltre che di due sconosciuti disordini neurologici dei processi sensoriali. Per non parlare della terribile maledizione di Ondine, che lo condanna a soffrire attacchi di microsonni, dei tumori carcinoidi che gli corrodono l’intestino e dell’assenza di flusso mestruale (sintomo inequivocabile di amenorrea e gravidanze psicologiche).
Per colmo dei mali, il signor M.Y. è un sicario e deve assassinare il signor Blaisten in meno di ventiquattr’ore, perché è stato pagato in anticipo, perché è un uomo dalla morale kantiana e perché sa che deve morire prima della fine del romanzo.
Tutti conosciamo qualche ipocondriaco dalla farmacologica erudizione e con fastose conoscenze patologiche, per il quale la lettura di questo romanzo presupporebbe un godevole repertorio di sintomi infiniti e immortali. Dubito però che anche soltanto uno di noi sia amico di qualche assassino a pagamento come il perdente signor M.Y. Risiede qui la trovata più straordinaria di Juan Jacinto Muñoz-Rengel: creare un assassino – condannato a inseguire invano la sua vittima, a causa dei multipli acciacchi, lipotimie e svenimenti – che non ci rimanda al celebre “Sciacallo” del film, ma al famoso Willy il Coyote dei cartoni animati, incapace di acciuffare l’insopportabile Beep Beep.
L’unica vittima de L’assassino ipocondriaco è il lettore morto dalle risate, anche se ammetto che si finisce di leggere il romanzo di Juan Jacinto Muñoz-Rengel con la voglia di assassinare il signor Blaisten e – caso mai – di farsi una colonscopia.